1. I componenti delle sezioni del Consiglio distrettuale di disciplina possono essere individualmente ricusati dalle parti e devono astenersi per i motivi indicati dagli articoli 36 e 37 del codice di procedura penale, in quanto applicabili, nonché nell’ipotesi in cui sia giudicato un iscritto avente con gli stessi rapporti di associazione professionale e/o di collaborazione e/o che eserciti nei medesimi locali.
2. Sulla ricusazione di un componente di sezione è competente altra sezione, all’uopo designata dal Presidente del Consiglio distrettuale di disciplina, da costituirsi con le modalità di cui all’art. 2 del presente regolamento.
3. I componenti delle sezioni del Consiglio distrettuale di disciplina devono astenersi quando vi sia un motivo di ricusazione da essi conosciuto, anche se non proposto. La dichiarazione di astensione deve essere valutata dal Presidente del Consiglio distrettuale di disciplina, il quale decide in merito. In caso di accoglimento dell’istanza di astensione il Presidente procede all’immediata sostituzione del componente astenuto con il primo dei supplenti.
Giurisprudenza correlata
Procedimento disciplinare: i casi di astensione e ricusazione sono tassativi
Gli istituti dell’astensione e della ricusazione (art. 51 e 52 c.p.c.) sono a presidio dell’imparzialità del giudicante e devono sussistere nei termini tassativi stabiliti dalle norme, in quanto incidono sulla capacità del giudice, determinando una deroga ai principi del giudice naturale precostituito per legge (CNF n. 209/2021, CNF n. 219/2020).
Non basta querelare, intentare una causa o fare un esposto contro il proprio giudice per poi ricusarlo o chiederne l’astensione
La pendenza di giudizio civile introdotto dal ricusante contro i componenti del Collegio in ragione del loro ufficio non costituisce motivo di astensione obbligatoria, avendo il Giudice anche disciplinare l’obbligo di astenersi solo in presenza di un interesse diretto e proprio (CNF n. 27/2022, CNF n. 136/2020, CNF n. 122/2020).
Per gli stessi motivi, la presentazione di un esposto nei confronti del soggetto giudicante non può configurare un obbligo di astensione per “grave inimicizia” e, in ogni caso, l’omessa astensione di un consigliere, in assenza di rituale istanza di ricusazione, non comporta la nullità della decisione e non può pertanto essere dedotto come motivo di impugnazione (CNF n. 244/2021, CNF n. 189/2016).
Procedimento disciplinare: in assenza di ricusazione, l’omessa astensione di un consigliere non comporta nullità della decisione
Nel procedimento disciplinare, in difetto di rituale e tempestiva istanza di ricusazione, la violazione dell’obbligo di astensione non si converte in un motivo di nullità della decisione e non può essere dedotto come motivo di impugnazione (CNF n. 133/2024, CNF n. 266/2022, CNF n. 187/2020, CNF n. 87/2019).
Contra, In tema di procedimento disciplinare, l’inosservanza dell’obbligo dell’astensione determina la nullità del provvedimento adottato unicamente nell’ipotesi in cui il componente dell’organo decidente abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento. In ogni altra ipotesi assumono rilievo solo specifici motivi di ricusazione, rimanendo esclusa in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell’organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza non determina la nullità del provvedimento (CNF n. 222/2022, CNF n. 206/2022, Cass. n. 19526/2018).
Il CDD decide sull’istanza di ricusazione con una Sezione ad hoc
Ai sensi dell’art. 6, co. 2, Reg. CNF n. 2/2014, sull’istanza di ricusazione si pronuncia altra sezione, all’uopo designata dal Presidente del Consiglio distrettuale di disciplina, con le modalità di cui all’art. 2 Reg. n. 2/2014 cit. (CNF n. 133/2024).
Procedimento disciplinare: è tardiva l’istanza di ricusazione proposta dopo la trattazione o discussione
Il rimedio della ricusazione mira a preservare l’imparzialità del giudizio rispetto alle cause tassativamente individuate dal legislatore come idonee ad inficiare la serenità di valutazione del giudicante permettendone la sostituzione prima che il processo inizi o entri nella sua fase centrale. Per questo motivo, a pena di inammissibilità la relativa istanza va proposta e decisa al più tardi «prima dell’inizio della trattazione o discussione» della causa ex art. 52, co. 2, c.p.c. (CNF n. 266/2022, CNF n. 193/2021, CNF n. 192/2021, CNF n. 188/2021).
Al procedimento disciplinare avanti al CDD non si applicano le norme in tema di astensione del giudice
Il procedimento disciplinare innanzi ai Consigli distrettuali di disciplina ha natura amministrativa (come del resto quello avanti ai COA) di natura giustiziale, non giurisdizionale, caratterizzata da elementi di terzietà, con conseguente inapplicabilità degli artt. 111 e 112 Cost, il che porta ad escludere la possibilità di invocare le norme in tema di astensione del giudice contenute nei codici di procedura civile e penale. A tacere del fatto che l’inosservanza dell’obbligo di astensione di cui all’art. 51 n. 1 c.p.c. determina la nullità del provvedimento ciò nonostante emesso, solo ove il componente dell’organo decidente abbia un interesse proprio e diretto nella causa che lo ponga nella qualità di parte del procedimento, ogni altra ipotesi dovendo essere fatta valere semmai come motivo di ricusazione (CNF n. 222/2022, CNF n. 206/2022, Cass. n. 19030/2021).
Procedimento disciplinare: il consigliere che abbia difeso una controparte dell’incolpato non ha perciostesso l’obbligo di astenersi
Non costituisce causa di astensione o ricusazione (artt. 51 e 52 cpc) la mera circostanza che il Consigliere disciplinare assista o abbia assistito, in giudizi civili o penali, l’esponente ovvero soggetti aventi posizioni processuali contrapposte a quelle di persone patrocinate dall’incolpato (CNF n. 187/2020, CNF n. 255/2017).
Le “gravi ragioni di convenienza” obbligano all’astensione ma non legittimano la ricusazione del giudice disciplinare
Il giudice disciplinare ha l’obbligo di astensione in presenza di “gravi ragioni di convenienza” (art. 36, co. 1, lett. h, c.p.p., in combinato disposto con l’art. 59, co. 1, lett. n, L. n. 247/12 e con l’art. 6, co. 1, reg. CNF n. 2/2014), ma a differenza delle altre ragioni di astensione (art. 36, co. 1, c.p.p.), tali ultime non si convertono in motivo di ricusazione (art. 37, co. 1, lett. a, c.p.p.). (CNF n. 165/2019).
Il consigliere che sia stato testimone oculare in un giudizio penale contro l’incolpato non ha l’obbligo di astenersi nei procedimenti disciplinari a carico dell’incolpato medesimo per fatti diversi
L’aver assistito quale testimone oculare a vicende di interesse penale relative all’incolpato non rileva quale causa di astensione o di ricusazione (CNF n. 136/2018).
I (tassativi) casi di astensione obbligatoria del giudice ex art. 51 c.p.c. sono applicabili anche al processo disciplinare
I casi di astensione obbligatoria del giudice di cui all’art. 51 c.p.c., applicabili anche al processo disciplinare, sono di stretta interpretazione in quanto incidono sulla capacità del giudice, determinando una deroga ai principi del giudice naturale precostituito per legge (CNF n. 255/2017).
Nella fase pre-procedimentale non opera la disciplina in tema di astensione e ricusazione
Qualsiasi attività svolta dal Consiglio territoriale attraverso i propri componenti nella fase di indagine anteriore e propedeutica all’instaurazione del procedimento disciplinare (che trova il suo momento iniziale nell’attività prevista e disciplinata dall’art. 47 del r.d. 22/1/1934 n. 37) deve ricondursi ad una vera e propria azione amministrativa, sottratta perciò alla tassatività delle ipotesi ex artt. 51 e 52 c.p.c., relative all’obbligo di astensione ed alla facoltà di ricusazione (CNF n. 255/2017, CNF n. 206/2015).
L’astensione facoltativa per gravi ragioni di convenienza
L’esistenza di un giudizio (pendente o anche già definito) tra l’incolpato ed il suo giudice disciplinare può integrare il requisito delle “gravi ragioni di convenienza” che legittima l’astensione facoltativa ex art. 51, co. 2, cod.proc.civ. (CNF n. 16/2016, CNF n. 213/2012).