Il richiamo verbale in ambito forense è una misura disciplinare prevista dall’art. 22 del Codice Deontologico Forense (CDF). Può essere utilizzato quando si registra un’inosservanza lieve e scusabile delle norme deontologiche da parte di un avvocato. La misura del richiamo verbale non è considerata una sanzione disciplinare, ma costituisce un provvedimento afflittivo che ha lo scopo di richiamare l’avvocato al rispetto delle regole deontologiche.
Secondo quanto previsto dall’art. 22 del CDF, nei casi di infrazioni lievi e scusabili, la sezione disciplinare del Consiglio dell’Ordine, con la decisione che definisce il procedimento, può deliberare il richiamo verbale dell’incolpato. Questo richiamo viene poi formalmente comunicato all’iscritto e al Consiglio dell’Ordine di appartenenza con una lettera riservata del Presidente del Consiglio distrettuale di disciplina o a mezzo pec.
Va sottolineato però che, come stabilito nelle decisioni del Consiglio Nazionale Forense (CNF), il richiamo verbale presuppone l’accertamento di un illecito deontologico, seppur lieve e scusabile, e costituisce un provvedimento afflittivo. Pertanto, è possibile impugnare tale provvedimento davanti al CNF da parte del soggetto legittimato (vedi ad esempio CNF, sentenza n. 43 del 25 febbraio 2020).
Per quanto riguarda il procedimento disciplinare e l’applicazione del richiamo verbale, è opportuno consultare il Regolamento n. 2/2014 del CNF, che disciplina i procedimenti davanti ai Consigli distrettuali di disciplina e davanti al CNF stesso.