L’art. 25, co. 1, lett. b, D. Lgs. n. 150/2022 (c.d. “riforma Cartabia” della giustizia penale) ha modificato l’art. 445 cpp introducendo il comma 1 bis, secondo cui la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cpp (c.d. patteggiamento) “non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile“.

La ratio della novella è evidentemente quella di incoraggiare (ulteriormente) tale soluzione “negoziata” del processo penale (già oggetto di non pochi “effetti premiali”, come la riduzione della pena fino a un terzo, la non menzione nel casellario, l’esclusione delle pene accessorie, delle misure di sicurezza, delle spese del procedimento, ecc.), escludendo appunto per l’imputato ogni possibile conseguenza pregiudizievole in sedi diverse da quella in cui abbia implicitamente ammesso la propria responsabilità penale.

La riforma stravolge quindi la precedente disciplina, secondo cui -per quanto qui di interesse- nel procedimento disciplinare il patteggiamento era equiparato alla sentenza di condanna ex art. 653 c.p.p. sicché esplicava funzione di giudicato quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e alla all’affermazione che l’imputato/incolpato lo ha commesso (per tutte, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Patelli, rel. Ollà), sentenza n. 19 del 28 febbraio 2023).

Pertanto, a partire dalle decisioni disciplinari pronunciate dal 30/12/2022 (data di entrata in vigore della norma, per la quale non è stata prevista una specifica disciplina transitoria), la sentenza di patteggiamento non avrà (più) valore di giudicato né di prova in ambito deontologico (in arg. cfr., da ultimo, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Germanà Tascona), sentenza n. 40 del 26 febbraio 2024, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Germanà Tascona), sentenza n. 26 del 23 febbraio 2024, nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Cassi), sentenza n. 280 del 5 dicembre 2023 e Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Napoli), sentenza n. 56 del 13 maggio 2022).

Conseguentemente, il CDD -che già prima non poteva “appiattirsi” sulla pronuncia penale giacché doveva comunque motivare in merito alla rilevanza disciplinare del giudicato alla luce dell’autonomia dei rispettivi ordinamenti (per tutte, da ultimo, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. De Benedittis), sentenza n. 328 del 27 dicembre 2023)- a seguito di tale riforma avrà necessità di acquisire il fascicolo penale, al fine di rinvenirvi prove su cui formare il proprio convincimento e da utilizzare quindi per la decisione ancorché non “replicate” o “confermate” in sede disciplinare (per tutte, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Galletti), sentenza n. 312 del 22 dicembre 2023).

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